Come noto e ampiamente discusso dai media, il Governo per rendere flessibile la legge Fornero sta valutando alcune opzioni con l’obiettivo di consentire il pensionamento due o tre prima della soglia di vecchiaia (attualmente 66 anni e 7 mesi per i lavoratori privati e 65 anni e 7 mesi per le lavoratrici sempre del settore privato).
Tra le ipotesi maggiormente accreditate al momento, la più gettonata che si starebbe valutando all’interno di Palazzo Chigi sembra essere quella che poggia sul prestito pensionistico con il coinvolgimento del sistema bancario assicurativo: in altre parole, il lavoratore potrebbe chiedere un anticipo della propria pensione (in formato ridotto) che sarebbe erogato dalle banche attraverso l’Inps.
Al raggiungimento del requisito di vecchiaia il lavoratore restituirebbe il prestito, sempre attraverso l’Inps, in piccole rate trattenute sull’assegno finale. Gli intermediari finanziari coinvolti beneficerebbero di “interessi” o incentivi che verrebbero garantiti dallo Stato.
Si tratterebbe pertanto di un’operazione con costi molto ridotti per lo Stato, che dovrebbe sobbarcarsi solamente l’importo degli interessi da corrispondere alle banche e alle finanziarie. Queste ultime, inoltre, avrebbero la sicurezza di poter poggiare la propria operazione sulla garanzia rappresentata dalla liquidazione del lavoratore. Insomma, un’operazione che, proprio per i costi bassi al sistema statale, e proprio per la potenziale sostenibilità, sta crescendo di possibilità giorno dopo giorno. Ma sarà veramente così? La via di uscita per tutti coloro i quali sono vicini alla pensione è realmente il prestito pensionistico?