Se alla domanda “preferisci il caffè o il tè” avete una risposta ben chiara in mente, il motivo potrebbe essere almeno in parte da ricercarsi nei vostri geni. Una recente ricerca afferma infatti che la predisposizione genetica a percepire l’amarezza di particolari sostanze potrebbe spingerci più o meno consapevolmente verso una bevanda o l’altra.
Come rammenta ItaliaWeb.NET, la dottoressa Marilyn Cornelis, co-autrice della ricerca, e esperta della Northwestern University (Illinois), ha dichiarato espressamente che il proprio studio aggiunge un tassello alla comprensione dei fattori che determinano le preferenze delle bevande e perché, mantenendo costanti tutti gli altri fattori, è possibile notare ancora delle marcate differenze tra le persone nelle scelte delle bevande, così come nella quantità che consumiamo.
L’analisi, pubblicata sulla rivista Scientific Reports, ha coinvolto due serie di dati. Nella prima parte, si è osservato quanto prodotto da un grande studio gemello che ha dimostrato che, almeno nella popolazione di ascendenza europea, particolari varianti genetiche sono legate alla forza di percezione di gusti diversi: una specifica variante è stata in particolar modo associata a valutazioni leggermente superiori di amaro per la caffeina, mentre un’altra è stata associata a una maggiore amarezza per il chinino, e una terza a una maggiore amarezza per un principio noto come propiltiouracile.
Il team ha poi esaminato i dati provenienti da un’altra fonte, il secondo database assunto in esame (quello della UK Biobank, un’iniziativa di ricerca che ha reclutato centinaia di migliaia di partecipanti di età compresa tra i 37 e i 73 anni tra il 2006 e il 2010), a coinvolgimento di dati genetici e di informazioni sanitarie, comprese le risposte alla domanda su quante tazze di bevande diverse i partecipanti consumavano ogni giorno.
Ebbene, secondo la ricercatrice, considerato che i nostri geni sono “fissi” al momento del concepimento, e la nostra variazione genetica può essere pensata come casuale, sono gli stessi a permettere agli scienziati di esplorare una sorta di “esperimento naturale“, nel senso che possono guardare oltre molti dei fattori sociali o ambientali che possono confondere le acque delle nostre abitudini di assaggio e di gradimento delle bevande calde, come il caffè o il tè.
Il team è così riuscito a individuare persone che avevano una maggiore predisposizione genetica a percepire l’amaro della caffeina, ma una maggiore percezione dell’amaro di chinino e propiltiouracile è stata collegata ad una piccola riduzione del consumo di caffè. Di contro, uno schema inverso è stato osservato quando il team ha esaminato le varianti genetiche e la quantità di tè che i partecipanti avevano l’abitudine di bere.
Come conclude lo studio, mentre l’effetto della percezione sull’assunzione giornaliera di caffè potrebbe essere relativamente piccola – solo un aumento di 0,15 tazze al giorno – da un normale assaggiatore di caffeina a un assaggiatore di caffeina forte, in realtà genera il 20% in più di probabilità di diventare un bevitore assiduo, con più di quattro tazze al giorno.