Così come l’euro, anche la sterlina ha avuto modo di correggere le proprie posizioni successivamente alla pubblicazione del dato USA, scendendo da quota 1,30 a sotto quota 1,29 GBP/USD. Come risulta evidente con un confronto con quanto avvenuto sul cambio EUR/USD, la flessione è stata inferiore a quella dell’euro, rispetto alla quale la valuta britannica si è infatti leggermente rafforzata, mantenendosi comunque ancora in area 0,90 EUR/GBP.
Peraltro, rileviamo come in questo periodo la sterlina britannica rimanga esposta ancora a rischi verso il basso, in relazione sia ai dati domestici – dopo la revisione al ribasso della crescita economica che è stata attuata dalla Bank of England nell’IR della settimana scorsa – sia agli sviluppi su Brexit.
Così come euro e sterlina, infine, notiamo che anche lo yen si è indebolito sul dato USA, ma di poco, da 110,30 ad appena sopra 110,80 USD/JPY, confermando la resistenza a scendere alla luce della dinamica dei rendimenti USA e dell’ampio corto speculativo. Peraltro, nella notte successiva la valuta nipponica è poi risalita, rientrando in area 109 USD/JPY, forse in parte favorita dall’escalation di tensione verbale fra Stati Uniti e Corea del Nord. In assenza di novità positive dagli USA che facciano salire maggiormente i rendimenti il cambio dovrebbe mantenersi nella fascia 109-111 USD/JPY.
Insomma, lo yen è tornato prepotentemente a giocare un ruolo di rilievo nel comparto delle valute che, per eccellenza, possono essere definite safe haven. Risulta intuibile che, per i prossimi giorni, sarà ancora l’oscillazione dell’avversione al rischio sui mercati finanziari a traghettare le quotazioni della valuta nipponica nel suo cambio contro euro & co.