La Federal Reserve qualche giorno fa ha pubblicato i nuovi dati dei Conti Finanziari trimestrali negli Stati Uniti, in grado di conferire agli interessati alcuni spunti utili sull’andamento della ricchezza delle famiglie americane, che cresce (e di parecchio) ma limitatamente ad alcuni asset patrimoniali e, presumibilmente, ad alcuni ceti sociali.
Ma andiamo con ordine. Dal dettaglio diramato qualche giorno fa dalla Fed è infatti emerso che la ricchezza netta delle famiglie ha toccato un nuovo record storico, giungendo a quota 92.800 miliardi di dollari, in incremento di circa 2.000 miliardi di dollari rispetto a quanto era stato riscontrato nel corso del trimestre precedente.
Tuttavia, si deve altresì tenere in considerazione come il rialzo della ricchezza netta sia spinto soprattutto dal comparto azionario (+728 miliardi di dollari) e dall’immobiliare (+557 miliardi di dollari). Il debito delle famiglie aumenta, con variazioni positive di tutte le componenti, inclusi i mutui. Il rapporto tra la ricchezza netta e il reddito disponibile sale a 6,5, per un livello che è il massimo storico e, peraltro, è al di sopra dei picchi della bolla immobiliare e della media storica (che è vicina a 5).
Probabilmente, però, è bene attendersi che il continuo aumento della ricchezza netta non sia in grado di sostenere i consumi in maniera vivace, considerando che gli effetti attesi dovrebbero essere più contenuti rispetto a quanto visto nei cicli precedenti. Come già ricordato in anticipo, è bene rammentare anche in questa fase conclusiva come la detenzione di attività azionarie sia prevalentemente concentrata nelle fasce di ricchezza più elevata, che sono poi quelle che hanno una minore propensione al consumo.
Infine, sottolineiamo come anche la ricchezza immobiliare sia meno diffusa alle classi con propensione al consumo più elevata: il tasso di proprietà dell’abitazione, a 63,7 per cento alla fine del fine 2016, è sui minimi da marzo 1993.