Anche Ibm, uno dei massimi colossi internazionali dell’informatica, sta fronteggiando un cambiamento graduale del proprio scenario di riferimento. Un cambiamento che si è associato alla flessione dei suoi ricavi, per un andamento che dura ormai ininterrottamente da quattro anni.
Nel primo trimestre dell’anno, infatti, il fatturato è calato del 4,6 per cento su base annua a 18,68 miliardi di dollari (al cambio attuale, circa 16,42 miliardi di euro) e l’utile netto è diminuito del 13 per cento a 2,01 miliardi di dollari (1,77 miliardi di euro), con un utile per azione di 2,09 dollari.
Al netto delle componenti atipiche, l’utile per azione si è attestato a 2,35 dollari, al di sopra dei 2,09 attesi dal consenso degli analisti. Anche i ricavi hanno battuto le attese del mercato poste a 18,29 miliardi di dollari (16,08 miliardi di euro).
Per quanto concerne le principali ragioni sottostanti la flessione dei ricavi, emerge come la continua flessione del fatturato sia l’evidenza della difficoltà di applicazione delle strategie che puntano a reinventare un’azienda simbolo della rivoluzione informatica degli anni 80 del Novecento. Ibm si è concentrata negli ultimi anni su business ad alta crescita come i servizi di cloud computing e l’analisi dei dati, dismettendo le attività nel campo dell’hardware informativo, ma la transizione si sta rivelando più difficile del previsto, come dimostrano anche i continui tagli degli addetti – sottolineava il quotidiano Italia Oggi.
Una condizione che riguarda anche altri big dello stesso settore, anch’essi in una fase di graduale migrazione verso altri business.